Il modo in cui si scrive un messaggio sui social rivela la generazione di appartenenza. Vediamo quali segnali occorre cogliere.
Le differenze generazionali si ritrovano anche nel modo di scrivere un messaggio sui social. Abitudini diverse tra i giovani e chi è più avanti con gli anni tanto da essere rivelatrici di una verità a volte nascosta.
La conoscenza tramite social ha vantaggi e svantaggi. Rende più facile la conversazione evitando l’imbarazzo che potrebbe esserci ad un primo incontro. Si riescono a fare domande più indiscrete che faccia a faccia non si avrebbero il coraggio di chiedere. In più i social permettono di approfondire una conoscenza anche a chilometri di distanza e di mettere in relazione persone che dal vivo forse non si sarebbero parlate né degnate di uno sguardo.
Ma sui social non è tutto rose e fiori. Spesso si tende a dare una fiducia non meritata. Si crede a ciò che l’altro mostra nascosto dietro uno schermo senza riconoscere bugie e intenti manipolatori. Eppure bisognerebbe sempre dubitare di quanto appreso dai social, a partire da un dettaglio apparentemente banale come l’età anagrafica.
Generazioni a confronto, l’età di riconosce dal modo in cui si chatta
Per un motivo o per l’altro può essere utile riuscire a capire quanti anni ha la persona con cui si conversa sui social. Distinguere le generazioni lontane tra loro è abbastanza semplice. Lo stile utilizzato è completamente diverso e anche le tempistiche di risposta sono differenti. I giovani capaci di scrivere anche con il pollice di una sola mano hanno capacità di digitazione veloce mentre quando l’età avanza si è più lenti e impacciati. Con una mano si tiene il cellulare e con l’indice si digitano i tasti con molta attenzione.
Baby Boomer, Millenial, Generazione X o Gen Z, come capire chi si ha dinanzi? I nati fino agli anni 80 usano un tipo di scrittura scolastico mentre i ragazzi nati insieme allo sviluppo tecnologico usano un parlato digitale. Questo è spesso privo di punteggiatura o di struttura sintattica articolata. Un flusso di coscienza, potremmo dire, interrotto non da punti ma da “invio” per inoltrare un nuovo messaggio che nulla ha a che fare con l’ultimo inviato.
Baby Boomers e Generazione X usano testi lunghi, subordinate, una sintassi tradizionale. Poi c’è la questione delle immagini ed emoji che danno un significato preciso alla frase e permettono di evitare equivoci. Non sono più apprezzate molto dai giovanissimi che alla faccina che ride preferiscono scrivere “ahahahahah” a meno che non permettano di lanciare significati nascosti.